Abbiamo detto in un articolo precedente che la differenza tra Liberismo e Liberalismo è, a livello terminologico, soltanto italiana, e che il Liberismo va inteso come proiezione del Liberalismo nell’ambito dell’intraprendenza economica.

Cos’è allora la virtuosa intraprendenza economica che fa riferimento alla Libertà?

LIBERISMO E SOCIALISMO

Storicamente, possiamo considerare dal ‘900 in poi due sistemi di governo e due dottrine dominanti in materia economica, per quanto riguardo la gestione dello Stato. Chiaramente questa gestione è insieme causa e poi conseguenza anche di una concezione etica del modo di governare un sistema.

Anticapitalista e antiliberista per natura, il Socialismo si prefigge di parificare la natura economica dei cittadini. La sua carta vincente sta nella sua intrinseca concezione egualitaria. Questa uguaglianza però presenta due limiti notevoli, non trascurabili: innanzitutto è un’uguaglianza molto astratta che non trova un autentico riscontro nella realtà.  Questo perché gli uomini, che hanno caratteristiche differenti per natura, uguali non sono. In secondo luogo, la storia ha dimostrato che questa eguaglianza forzosa, che pure è encomiabile, ha segnato una strada di sconfitte. Ha limitato la produttività, fino a far collassare i sistemi che lo hanno adottato, quello Sovietico in primis, destinato a perdere la Guerra Fredda con il dissolvimento dell’URSS.

Antitetico al Socialismo è invece il Liberismo e per la natura stessa della parola è facile intuire che esso fa riferimento alla Libertà. Per un liberista, l’uomo deve avere la possibilità e la libertà di essere intraprendente, anche di poter rischiare, per poter migliorare la sua condizione economica e di rimando quella degli altri creando lavoro. In linea di massima dietro il liberismo vige il principio del “laissez faire”, ovvero “lascia fare”.

IL CORAGGIO DI RISCHIARE, LA LIBERTÀ DI IMPRESA

Il liberismo presuppone dunque un assunto cardine nella sua logica: chi fa impresa deve avere coraggio. Investire del denaro comporta un rischio, specialmente quando non se ne ha molto e si parte da una condizione di precarietà. È rischioso anche essere autonomi, perché si dipende solo da sé stessi e non dagli altri. Ma anche per questo è una sfida appagante, che pone un obbligo di maturazione. Sempre si è fatto riferimento agli imprenditori come a uomini e donne straordinari. È un imprenditore anche un artigiano o un operaio, che certo difficilmente si arricchisce in breve tempo, anzi di norma non si arricchisce mai e fa una fatica estrema per stare a galla, quindi figurarsi se gli risulta facile pagare i dipendenti in un paese in cui il costo del lavoro è talmente gravoso da risultare quasi insostenibile.

Se da una parte dunque, nella concezione statalista, il lavoratore dipendente non è sempre incentivato a produrre, nella piena adesione al libero mercato, l’Autonomo o Partita Iva rappresenta la responsabilizzazione e la facoltà di superare i propri limiti.   È dunque l’Autonomo o il Partita Iva, nel nostro Occidente, a rappresentare in pieno il pensiero liberista e il circolo virtuoso che da esso deriva, attraverso le sue Quattro Categorie- Artigiani, Commercianti, Professionisti, Società- e tutto l’indotto professionale e monetario che da esso deriva, con i più svariati mestieri che ne conseguono: idraulici, elettricisti, tabaccai, ingegneri, salumieri, edicolanti, architetti, giornalisti e molti altri.