Facebook e Twitter stanno usando nuovi strumenti e tecnologie per individuarle.

Da diverso tempo il problema delle fake news affolla le testate dei media mondiali, in campo politico, economico e sociale. Se all’inizio siti web come IlLercio.it avevano uno scopo dichiaratamente ludico, col tempo le notizie false sono diventate uno strumento con un intento insidiosamente mirato. Dal creare allarmismi su malattie ed epidemie farlocche, fino ad arrivare a influenzare vere e proprie campagne elettorali.

Le campagne elettorali di Trump e Bolsonaro

Ne è un esempio quella di Donald Trump nel 2016: numerosissime le bufale che screditavano la rivale Hilary Clinton diffuse al grande pubblico (grazie anche all’aiuto di soggetti come Cambridge Analytica), che sono sospettate di aver facilitato l’elezione del presidente USA. Diverse agenzie di fact checking sostengono che anche la recentissima ascesa di Bolsonaro, in Brasile, sia stata favorita da migliaia di notizie false: questa volta fatte circolare da uno smartphone all’altro grazie a WhatsApp. I sostenitori economici di questa (scaltra) operazione mediatica? Fedeli imprenditori brasiliani vicini al candidato di estrema destra.

Scovare le bufale: nuovi strumenti e tecnologie

Fortunatamente, negli ultimi mesi piattaforme come Facebook e Twitter (sulle quali le bufale diventano virali) sembrano aver preso provvedimenti efficaci. Le statistiche rivelano che, dal gennaio 2015 al gennaio 2018, il numero di notizie false è stato dimezzato. Il merito di questi risultati è da attribuire al connubio di strumenti di intelligenza artificiale e intelligenza umana, che cooperano in due step distinti. L’AI si avvale di machine learning, analisi del linguaggio e di modelli interattivi con gli utenti per identificare le potenziali bufale. Successivamente, queste vengono revisionate (ed eventualmente cancellate) dagli analisti umani di agenzie di fact checking.

Il metodo Facebook

Facebook ha poi adottato il metodo dell’indifferenza: se prima la segnalazione lampante delle fake news poteva ottenere l’effetto contrario, portando spesso gli utenti a condividerle maggiormente, ora si punta ad ignorarle. Le bufale appaiono con titoli graficamente più piccoli e senza l’anteprima delle immagini, come se fossero articoli di serie B. Il social di Zuckerberg, quindi, le denigra, le rende visivamente meno “appetibili”.

Sarà l’indifferenza la “miglior vendetta”? E se questa strategia si rivelerà efficace, il fenomeno delle notizie false sarà mai debellato?

Annientare completamente le fake news: è possibile?

Si può trovare una risposta facendo un passo indietro e guardando alla storia. A quella del secolo scorso, per esempio. Quando internet, i social network e gli smartphone non esistevano.

L’invasione della Polonia per mano della Germania nazista, nel 1939, sembra essere stata alimentata proprio da una bufala creata ad hoc. Qualche mese prima dell’episodio che fece scoppiare la Seconda Guerra Mondiale, il ministero della propaganda di Hitler fece circolare numerose notizie sulle atrocità commesse dall’esercito polacco, culminate con l’attacco alla stazione radio tedesca a Gliwice. Un vero affronto per l’opinione pubblica tedesca dell’epoca, uno scempio davanti al quale bisognava reagire. Unico dettaglio trascurato? L’attacco alla stazione radio di Gliwice non è mai avvenuto.

Come il passato ci insegna, quindi, quello delle fake news è un fenomeno che non potrà mai scomparire del tutto. Quello che si può fare è cercare di contenerlo, limitandone la portata e facendo leva sulla capacità d’informazione degli utenti. Facebook e Twitter (a quanto pare) ce la stanno mettendo tutta.