Gli Stati Uniti acquistano petrolio dall’Arabia Saudita e forniscono al regno aiuti e attrezzature militari. In cambio, i sauditi reinvestono miliardi delle loro entrate in petrodollari nei Treasury (titoli di Stato americani, ndr) e finanziano la spesa americana“.

Bloomberg descrive così il sistema del “petrodollaro”. Un sistema che nei decenni ha permesso una crescita costante delle industrie petrolifere e dei combustibili fossili a scapito dell’energia nucleare e dell’indipendenza energetica regionale.

Eppure i primi sostenitori di questo mondo basato sul dollaro americano attaccano Bitcoin per il suo consumo energetico.

Nel 2017 il World Economic Forum scriveva che nel 2020 Bitcoin avrebbe consumato più energia dell’intero mondo di allora. Una stima rivelatasi ai limiti del comico. Ancora oggi stampa e istituzioni considerano Bitcoin un pericolo per l’ambiente.

Le cose però stanno diversamente. Non dobbiamo combattere il consumo energetico. Nella sua evoluzione la civiltà ha sempre utilizzato più energia. Ed è giusto così. La nostra battaglia non è consumare meno, è ridurre le emissioni di gas serra tagliando le fonti fossili.

L’energia elettrica derivante da fonti rinnovabili costa meno di quella ricavata dalle fonti inquinanti. I “minatori” di Bitcoin, cioè coloro che fanno largo uso di energia per essere remunerati in bitcoin, sono incentivati economicamente a usare energia pulita perché per loro l’elettricità è un costo, non un ricavo.

I “minatori” hanno quindi tutto l’interesse a investire in ricerca e sviluppo per trovare nuove soluzioni per la fornitura di energia pulita.
La transizione energetica, che per il nostro sistema industriale rappresenta un costo gravoso, per Bitcoin è un vantaggio economico.

Da dove nasce, quindi, l’opposizione di istituzioni e stampa?

Dalla paura. Perché i governi sanno bene che se Bitcoin dovesse diffondersi in modo capillare renderebbe marginale l’utilizzo delle valute di Stato togliendo fondi ai governi che, faticando a finanziarsi sui mercati, per non andare in default sarebbero costretti a emettere nuova moneta fino all’iperinflazione, che li farebbe crollare ugualmente. Togliere il monopolio della moneta allo Stato significa ridurre drasticamente il suo potere politico e, di conseguenza, anche la capacità di influenzare l’informazione generalista, che si traduce in un minor controllo sugli individui. E Bitcoin fa esattamente questo: libera gli individui.

Per ulteriori approfondimenti, consulta la newsletter Bitcoin Train.
https://bitcointrain.substack.com/