Le donne afgane hanno creduto ed hanno partecipato da protagoniste al sogno afgano- occidentale hanno collaborato “a tempo pieno” perché avevano cominciato a vivere ma ecco che in sol colpo tutto questo mondo è stato spazzato via tradito e dimenticato. Cosa succederà adesso? La risposta è drammaticamente semplice……tutto sarà distrutto anche, e forse per la maggior parte, con la perdita della vita. Per tutti comunque è la fine di una speranza. Chi risponderà di questo crimine contro l’umanità? Chi risponderà di questa nuova Hiroshima e Nagasaki? L’inutile sovrastruttura ONU fisserà il giorno del ricordo quello in cui l’ultimo aereo “della speranza” lascerà l’aeroporto di Kabul e sarà caduto l’ultimo afgano appeso al carrello dell’aeromobile di cui, poi sapremo il nome, e lo citeremo ogni ad ogni ricorrenza. Qualcuno si preoccuperà mai di istituire una Corte di Giustizia Internazionale possibilmente composta in prevalenza da donne afgane e presieduta da una di loro che indichi i colpevoli di questi eventi? Per carità nessun o nessuna opinionista occidentale scriva o parli più sono diventati ormai “sepolcri imbiancati” espressione di una società assolutamente senza una rotta. A Kabul è l’ora della disperazione e della fuga. Ma solo pochi riusciranno ad andarsene. Le immagini dell’aeroporto della capitale si raccontano da sole. Scene terribili vissute a Saigon, in quell’altra terribile fuga nel 1975 e poi ancora il via libera dato da Washington all’Indonesia musulmana perché occupasse la cristiana Timor, all’interno di uno scambio politico in funzione anticomunista. Credo che ciò che è da sottoporre a profondo riesame sia la tradizionale politica estera occidentale e la pretesa universalistica della sua cultura per trarne insegnamento. Il fallimento non è solo l’Afghanistan, ma anche l’Iraq e la Libia: in un mondo globalizzato non può bastare un approccio unilaterale etnocentrico (più o meno giustificato che sia), ma occorre una visione ampia, transculturale in cui ci si renda conto di essere un elemento di un mondo unico e intercorrelato dove nessuno è dotato di vita autonoma e indipendente: ossia avere il bene comune come fine avendo compreso le altre culture, i loro bisogni e le prospettive realmente possibili. Anche il COVID lo ha dimostrato. Ciò che si fa in modo arbitrario, azzardato o con una prospettiva limitata finisce per ritorcersi contro l’autore e vanificare gli sforzi fatti, pur a fin di bene. Problema molto complesso e di non facile trattazione. . Tentare di esportare sic et simpliciter la propria visione, dalla democrazia alle tecniche di guerra occidentali, pecca di realismo ingenuo e mi sembra non sia sufficiente. Poi ci sono ben altri problemi, quali il ruolo e gli interessi di Russia e Cina (forse più di quest’ultima)… E possibili finanziamenti dei Talebani… Il problema urgente e dovere morale di oggi è come tutelare donne e uomini afghani e non soltanto coloro che hanno collaborato con l’occidente: il cuore ed il cervello pugliese risponde: ben arrivati!
Rosario Polizzi Università di Bari
Enrico Facco Università di Padova