Che la specializzazione tecnica – a prescindere dall’ambito e dall’angolatura dalla quale la si vuole considerare- sia oggi indispensabile per dimenarsi nel mondo del lavoro con successo è un fatto assodato da anni, forse da un decennio almeno. Marco Giorgino su Il Sole 24 Ore ha commentato con ragguardevole analisi e criticità una brillante frase che gli è stata rilasciata dal manager responsabile dei sistemi informativi di un’azienda: “è incredibile, un uomo di estrazione informatica come me svolge ormai quasi soltanto mansioni ad alta intensità relazionale e creativa, mentre vedo brillanti trentenni laureati in discipline umanistiche, artistiche, creative che per lavoro sono invece “costretti” a smanettare in modo ripetitivo ed alienante su un software”. Da questo l’autore dell’articolo trae poi due conclusioni importanti, cioè che in seguito alla globalizzazione due assunti, due “paradigmi” classici vengono disattesi e ribaltati, il primo dei quali vorrebbe che per gestire lavori di tipo creativo e relazionale non siano necessarie competenze tecniche, il secondo dei quali che invece coloro i quali hanno una marcata specializzazione tecnica sono esclusi automaticamente dalle mansioni di contro relazionali e creative.