Il rapporto tra Hugo Pratt e il fascismo

Hugo Pratt col fascismo c’entra per questioni innanzitutto familiari e indagare nei meandri della sua ideologia attraverso Corto Maltese, il più significativo dei suoi alter ego, può servire soltanto in parte a fare la diagnosi delle posizioni dell’autore di fumetti- anzi di “letteratura disegnata”, come diceva lui– più noto in Europa nel secondo Novecento.    

Il nonno di Hugo fu tra i fondatori del movimento dei Fasci in Venezia. Entrambi questi elementi verranno ripresi dal nipote in una tra le più celebri puntate che proiettano il marinaio in una surreale dimensione avventurosa composta di intrecci narrativi, massonerie, salotti filosofici, comparse e scomparse nel bellissimo racconto Favola di Venezia. Venezia è anche la città dove Hugo trascorre l’infanzia, nonostante sia nato a Rimini.

Ma torniamo per un momento ai fasci: il padre di Pratt, Rolando, morì nel 1942 in un campo di concentramento, dopo essere stato fatto prigioniero dagli inglesi. Aveva vissuto in Africa per lavoro e la famiglia lo aveva raggiunto poco dopo. In quanto a Hugo, l’8 Settembre per lui più che uno spartiacque è la conferma di una certa tradizione familiare. Sceglierà infatti il Battaglione Lupo, quindi di entrare nella X MAS, la famigerata Flottiglia che combatte con la Repubblica Sociale italiana contro gli Alleati dopo il tradimento di Badoglio. Ma è una scelta più travagliata e meno lineare di come appare: nel testo di Raffaele Liucci Spettatori di un naufragio la vicenda è ben raccontata:

Pratt, nella sua cruda autobiografia, ha raccontato le incertezze di allora, quando, giovanissimo, s’arruolò nel Battaglione Lupo della X Mas. Le sue tradizioni familiari, in apparenza, potevano giustificare una tale scelta: il nonno materno era stato fra i fondatori dei fasci di combattimento a Venezia, nel ’19 […] l’imberbe Pratt durante la guerra civile pencolerà da un fronte all’altro, con una buona dose di giovanile imprudenza. Lascia il proprio battaglione, quindi si arruola nella polizia marittima tedesca, in seguito trascorre anche una settimana fra i partiti della Brigata Osoppo […] Infine, nei giorni della Liberazione, si accoda alle truppe alleate, assunto come interprete. Giungerà a Venezia a bordo di un’autoblindo canadese, indossando una divisa scozzese. “Io? Io non sto con nessuno, sto pei cazzi miei”, sembra essere il suo motto. […] E a chi lo accuserà di “disimpegno”, Pratt contrapporrà, orgogliosamente, il proprio “desiderio di essere inutile”, ossia di annullarsi in un “mondo interiore”, “un mondo di fantasia”.

Corto Maltese e Rasputin oltre la morale catto-comunista

Corto Maltese rispecchia in pieno il menefreghismo di Pratt e la sua tendenza a cavalcare l’imponderabile. In lui il gusto per l’avventura non è mai accompagnato da un senso di rivalsa sociale o di impegno civile: Maltese simpatizza con vincenti e perdenti a seconda delle situazioni, è un cinico-razionale o un romantico sognatore a fasi alterne, spesso le sue azioni smentiscono le sue parole e poco o nulla gli importa di essere coerente. Ma se Corto Maltese mantiene in ogni storia che lo accompagna una qual certa compostezza e un senso di solidarietà col genere umano, nonostante il suo individualismo, a manifestare l’animo più disilluso di Pratt è l’amico- e talvolta antagonista- russo, l’ineffabile Rasputin, mercenario al servizio della sola ideologia del profitto e del denaro, Cuore di tenebra dei racconti che si dipanano verso Oriente. 

Pratt ha all’attivo ben più elementi della sua sola opera fumettistica per essere incasellato a destra, ma la sua non è una destra classica che può rimandare al conservatorismo vero e proprio. È chiaro che il fumetto veicola quella che è la vera natura del suo autore, cioè il gusto per l’avventura unito a una certa inveterata vocazione all’anarco-individualismo: Corto Maltese è un uomo che non ha il senso dell’impegno cattolico verso la famiglia né quello comunista verso la società come il suo doppio, la sua controfigura, dice a sé stesso in Corte sconta detta arcana apparendogli in una dimensione onirica, presumibilmente incarnando la sua coscienza.  E sempre in Corte sconta detta arcana, una delle più raffinate e rocambolesche storie uscite dal genio creativo di Pratt, appare il mitologico Ungern Von Sternberg, il barone anticomunista che volle combattere i bolscevichi a modo suo, l’incarnazione di un romanticismo nero, idolatrato dalla più ancestrale e antimoderna delle destre.

Una Venezia improbabile

Torniamo però a Venezia e al suo racconto: nella storia il longilineo marinaio dà un calcio nelle palle a uno squadrista con tanto di camicia nera e questo sembra forse un tentativo di Pratt di sviare i lettori da ogni possibile connotazione politica che riguardi la sua storia. Però poi il (non troppo) romantico avventuriero stringe amicizia con Gabriele d’Annunzio il quale, è bene specificarlo, non è mai stato realmente fascista come la storiografia nazionalpopolare vuole far credere seppur la sua figura rimanga nel pantheon di una certa destra culturale votata al vitalismo.  

Il Tango di Lugones

Pratt aveva vissuto in Argentina, la più indescrivibile delle terre d’oltreoceano. L’opportunità geografica gli aveva permesso di avvicinarsi ad autori che in Italia arrivarono soltanto tempo dopo: Octavio Paz, Leopoldo Lugones e soprattutto Jorge Luis Borges, il grande tra i grandi. Di questa esperienza dell’autore risente anche il Maltese, specialmente per quel racconto denso di atmosfera nostalgica che è Tango. In questo episodio del 1985 ambientato nel borgo in Buenos Aires di San Isidro del 1923, il marinaio è raffigurato in una vignetta mentre legge tenendo per le mani un libro di Leopoldo Lugones, intellettuale argentino nel pantheon della destra.