imprese_fallimentiLe imprese del Sud resistono meglio alla crisi. È quanto emerge dal numero di fallimenti e liquidazioni nel 2012, un anno nero quello appena concluso per le aziende italiane: 12 mila fallimenti, 2 mila procedure non fallimentari e 90 mila liquidazioni: oltre 104 mila imprese sono entrate in crisi o hanno dovuto chiudere i battenti, un valore che supera quello già molto elevato del 2011 (+2,2%).

Dal punto di vista territoriale, le procedure sono aumentate nel Nord Ovest (+6,6%) e nel Centro (+4,7%), mentre sono rimaste ai livelli dell’anno precedente nel Sud e nelle Isole (‐0,4%). Nel Nord Est i casi sono invece diminuiti (‐ 4,3%), un dato compensato dal forte incremento delle liquidazioni, che ha portato il totale di chiusure in quell’area a superare quota 20 mila (+8,6% sul 2011).

Questi i dati forniti da Cerved Group che evidenzia un boom delle nuove forme di concordato preventivo, introdotte dalla riforma entrata in vigore a settembre: si stima che nel solo quarto trimestre dell’anno siano state presentate circa mille domande, soprattutto nella forma del concordato con riserva.

Nei quattro anni di crisi l’impatto sulle aree del Paese è stato assai diverso: è stato avvertito maggiormente nel Nord della Penisola (3,5% nel Nord Ovest e 3,2% nel Nord Est), rispetto al Centro-Sud (2,7%). Le regioni che hanno sofferto di più risultano Friuli (4,4%, con una punta nella provincia di Pordenone pari al 5,9%), Marche (4,1% con Ancona che tocca il 4,9%) e Piemonte (3,6%), mentre Valle d’Aosta (1,9%), Lazio (2,1%) e Basilicata (2,1%) risultano le meno colpite.

I dati mostrano che nel 2012 la recessione ha avuto un impatto notevole nel comparto dei servizi (+3,1%) e nelle costruzioni (+2,7%), mentre la manifattura – pur con un numero di fallimenti che rimane a livelli critici – ha registrato un calo rispetto all’anno precedente (- 6,3%).

Colpiti in particolare i settori tipici del Made in Italy come il comparto casa, moda, la produzione di beni intermedi e la meccanica.