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Siamo felici… E ti gridiamo..

Da oggi in poi, dovunque vai, tu non scordarti di noi

Dei nostri sogni… delle speranze..

Che ti affidiamo, con fiducia, oggi al ritmo di blues.

Con questa canzoncina dal sapore d’altri tempi i “pargoli” della scuola elementare di Raiti hanno salutato il nostro primo ministro.

A livello comunicativo non si può certamente parlare di “capolavoro”; una cosi pomposa accoglienza porta alla mente periodi storici dove mezzi e persone poco si muovevano e poco si vedevano i nostri governanti non essendo ancora il mezzo televisivo capillarmente distribuito.

Oggi che vecchi e nuovi media abbondano, dove il problema non è più informarsi, ma al contrario sottrarsi ad una informazione eccessivamente opulenta ma di poca sostanza, una tale iniziativa risulta semplicemente anacronistica; una visita di un primo ministro non è più fatto storico per una comunità essendo la stessa persona che si è abituati a vedere e rivedere, sentire e risentire più volte in una giornata, internet, stampa, televisione radio e molto ancora.

Da più parti si sono alzati confronti mussoliniani, ma una affermazione tale è altrettanto anacronistica, lo spirito repubblicano è forte e ormai ampiamente condiviso e una caduta di stile non può certamente modificare il corso degli eventi, al più può generare un sorriso d’imbarazzo per chi è stato costretto a vivere in prima persona una tale situazione.

E’ invece interessante notare come la nostra classe dirigente abbia perso i canali comunicativi con una nazione e sia alla disperata ricerca di nuovi mezzi e nuove forme di espressione per far breccia in un popolo.

Sembra che Matteo abbia applicato all’evento un filtro “anni 50” di Instagram, cercando di generare emozioni da libro cuore, ma quegli anni sono ormai passati e le orecchie del tempo sono cambiate, come dire pubblico diverso merita comunicazione diversa.