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“Non vi è libertà ogni qual volta le leggi permettono che in alcuni eventi l’uomo cessi di essere persona e diventi cosa”; Cosi il nostro illustre concittadino  Cesare Beccaria, scriveva nel tardo 1700,  con il suo Dei delitti e delle pene mutò il pensiero del tempo, portando la visione detentiva non più come mera punizione ma come strumento sociale atto a redimere.

L’influenza di tale pensiero fu talmente pervasivo da influenzare uomini del calibro di Voltaire e di Thomas Jefferson, che leggendo l’opera direttamente dall’italiano prese sputo per la formulazione delle nuove leggi americane.

Più di trecento anni dopo ci troviamo nuovamente ad affrontare il problema delle carceri, messi all’indice da Strasburgo per il trattamento inumano che riserviamo alla nostra popolazione carceraria, relegando i detenuti in meno di tre metri quadrati, privi di programmi di reinserimento sociale, negando il diritto alle cure, alla redenzione ; Proprio noi che nei secoli passati siamo stati fari nella notte per le legislazioni dei paesi più avanzati.

Il nostro sistema detentivo deve cambiare ed evevolversi, non per semplice moralismo, non per pietà, ma per una utilitaristica volontà di far riscattare l’uomo recluso , trasformandolo da inerte penitente a Cittadino parte di una comunità.

La ripresa del nostro paese passa anche dalle carceri, perchè è dal trattamento che lo stato riserva ai più deboli che ne si vede la qualità dello stesso, riuscendo a trasformare detenuti, costosi da mantenere in cellule produttive per la nazione,  parte attiva del riscatto economico.